La  Geologia Regionale  
Studia le  caratteristiche geologiche a grande scala e l'evoluzione nel tempo e nello spazio di  regioni estese (ad esempio l'area mediterranea, con le varie catene montuose che  l'attraversano). Per il suo carattere di sintesi la Geologia Regionale utilizza dati e modelli  concettuali provenienti da svariate discipline delle Scienze della Terra quali la geologia  stratigrafica e la geologia strutturale, la geologia marina, la petrografia, la  vulcanologia, la geofisica.
Nell'Università  di Pisa il corso di Geologia Regionale è tenuto nel Corso di Studio in Scienze  Geologiche.
| Schema  strutturale-cinematico dell'area     centro-mediterranea. Modificato da: CNR-Progetto Finalizzato Geodinamica (1990). Structural Model of Italy 1:500.000 and Gravity Map. Quad. Ric. Scient., 3(114), S.E.L.C.A., Firenze.  |      ![]()  |    
| Terremoti nella regione  centro-mediterranea     con intensità epicentrale superiore o uguale all'VIII grado MCS  dall'anno 1000 ad oggi. Terremoti da: Slejko D. et al., 1999. Seismic hazard assessment for Adria. Ann.Geofis., 42(6), 1085-1107.  |      ![]()  |    
L'area  centro-mediterranea è uno splendido laboratorio naturale che riunisce in uno spazio relativamente  ristretto un vasto campionario di oggetti geologici che hanno registrato una lunga e  complessa storia geologica:
- frammenti di litosfera rigida (placca europea e placca africana), dello spessore di circa 100 chilometri, galleggianti su un'astenosfera viscosa e in progressivo reciproco avvicinamento. Nel processo di convergenza tra placche l'Africa si è "indentata" nell'Europa attraverso un cuneo rigido scarsamente deformato chiamato Adria o Promontorio Africano. Questo cuneo si estende dal Mar Ionio fino all'estremità occidentale della Valpadana, ed è bordato dalle Dinaridi, dalle Alpi Meridionali e dall'Appennino. L'Adria costituisce oggi una scheggia della grande placca africana. La zona di rottura è segnata dalla Scarpata di Malta, una sorta di parete sommersa attraverso la quale il fondo marino viene ribassato da una profondità di qualche centinaio di metri nel Canale di Sicilia ad una profondità di circa 4000 metri nella piana abissale ionica;
 - catene montuose (Alpi e Dinaridi) originate dalla collisione tra Europa ed Adria e dalla deformazione dei relativi margini continentali;
 - catene montuose (Appennino ed Arco Calabro) originate lungo il margine sud-occidentale del promontorio adriatico nel corso del suo sprofondamento nell'astenosfera (subduzione). I terremoti profondi del basso Tirreno marcano lo sprofondamento della piastra adriatica fino a profondità di circa 500 chilometri (linee nere con relativi valori di profondità espressi in chilometri);
 - catene montuose (Maghrebidi Siciliane) originate dalla deformazione del margine convergente della placca africana;
 - bacini post-collisionali, con litosfera continentale assottigliata (Bacino Pannonico) o litosfera oceanica di nuova generazione (Mediterraneo Occidentale, Tirreno) aperti in corrispondenza di zone di subduzione e "scarrucolamento all'indietro" di placche (sprofondamento della placca europea sotto i Carpazi nel caso del Bacino Pannonico, sprofondamento della placca africana-adriatica sotto il Blocco Sardo-Corso nel caso del Mediterraneo occidentale, sprofondamento della piastra adriatica sotto l'Appennino e sotto l'Arco Calabro nel caso del Tirreno);
 - frammenti di litosfera continentale (Blocco Sardo-Corso, in origine facente parte della placca europea) ruotati e trasportati lontano dall'originaria patria di appartenenza.
 
I tempi nei  quali sono avvenuti i fenomeni geologici che hanno portato all'attuale configurazione  dell'area centro-mediterranea sono misurabili in milioni di anni.
200 milioni di  anni fa America, Africa ed Europa erano riunite in un unico continente (Pangea). Intorno a  180 milioni di anni fa ebbe luogo il distacco tra Africa ed America settentrionale.  Questo evento, che portò all'apertura dell'Oceano Atlantico centrale, fu seguito intorno ad  80 milioni di anni fa dal distacco dell'Europa dal Nordamerica e dalla conseguente  apertura dell'Atlantico settentrionale. Con il distacco dell'Europa dall'America  settentrionale cominciò il moto di convergenza tra Europa ed Africa. I margini  continentali di queste due placche entrarono in collisione circa 50 milioni di anni fa. 
Il resto è  storia "recente": intorno a 30 milioni di anni fa cominciò la rotazione del  Blocco Sardo-Corso e l'apertura del Mediterraneo occidentale; intorno ad 8  milioni di anni fa cominciò ad aprirsi il bacino tirrenico alle spalle dell'Appennino e  dell'Arco Calabro che nel corso della loro formazione avanzarono progressivamente verso  l'attuale Valpadana e verso gli attuali mari Adriatico e Ionio. 
Le velocità che  descrivono il moto relativo tra la placca africana e la placca europea variano da  qualche centimetro per anno a frazioni di centimetro per anno. Le velocità di "scarrucolamento all'indietro" dei margini di placca nelle zone di subduzione e le  velocità di apertura dei bacini post-collisionali possono essere più elevate, ma di  regola non superano i 5-6 centimetri per anno nell'area centro-mediterranea. Alla  scala dei tempi geologici queste modeste velocità possono produrre sostanziali  modificazioni paleogeografiche, con la creazione di oceani dove prima esistevano  continenti o con la costruzione di gigantesche catene di montagne dove prima si estendevano  spazi oceanici. Alla scala dei tempi umani le uniche manifestazioni tangibili di questi  grandiosi processi geologici sono costituite dalle eruzioni vulcaniche e dai terremoti.  Riferendoci agli ultimi 1000 anni, dei quali conserviamo una discreta memoria storica,  circa 1300 terremoti distruttivi o comunque responsabili di gravi danni (intensità  epicentrale>=VIII grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg) hanno colpito la regione  centro-mediterranea. Di questi, più di 500 hanno colpito il territorio  italiano. 
La Geologia  Regionale partecipa con importanti elementi conoscitivi di carattere strutturale e di  carattere cinematico a ricerche finalizzate allo sfruttamento di risorse naturali (idrocarburi,  fluidi geotermici, ecc.) e alla valutazione e mitigazione dei rischi naturali  (ad esempio il rischio sismico).




hen a city that may have taken centuries to build is shaken  to the ground in just seconds, contemporary chroniclers tend to be  distracted from their usual preoccupation with human power at least long  enough to document that the event took place. Such accounts, although  often fragmentary, date back to the earliest Greek and Roman historians.  By the late 1600s, a few scholars sifting through these old sources  began to compile lists of the documented earthquakes; the earliest seems  to be Vincenzo Magnati's 1688 list of ninety-one major earthquakes that  occurred in the period A.D. 34 to A.D. 1687. Over the next two  centuries, a dozen or so others published their own lists, often  explicitly restricted to a particular geographical area or a particular  period in time (e.g., one chronicles 1,186 shocks in Italy for the  period 1783-6). To the extent that these lists overlap, they are often  contradictory in relevant details. An equally serious shortcoming is  that their entries reflect contemporary population distributions, their  geographical accessibility, and the psychology of mass hysteria more  than they describe anything approaching an objectified geophysical data  base.
